ISTRUZIONE E COMUNICAZIONE IN RACCOLTA FIRME Legge di iniziativa popolare

Non più di 20 per classe - Facciamo spazio a un'istruzione di qualità

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Data apertura

23 settembre 2025

Scadenza

23 marzo 2026

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Quorum

50.000

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Descrizione

FACCIAMO SPAZIO ALL’ISTRUZIONE DI QUALITÀ Per l'istruzione pubblica in Italia non si spende troppo, ma troppo poco. Il Governo Meloni riduce gli organici giustificandosi con i dati demografici, mentre al contrario la riduzione delle nascite può consentire di ridurre il numero di studenti per classe per potenziare la didattica, rendendole più accoglienti e più adatte alle attività formative individualizzate e innovative. Classi più piccole vuol dire anche inclusione reale per gli studenti con disabilità o disturbi dell'apprendimento. Proponiamo di utilizzare, a tal fine, anche una parte (500 milioni) delle risorse che oggi vengono destinate alle scuole private e paritarie in violazione del dettato costituzionale. I punti chiave della proposta: - ⁠massimo 20 studenti per classe; - massimo 18 studenti se è presente un’alunna o un alunno con disabilità; - massimo 15 studenti se nella classe sono presenti più alunni con disabilità; - maggiore attenzione al Sud e alle aree interne, per recuperare il gap negli apprendimenti e contrastare lo spopolamento; - più forza nel contrasto dell’abbandono scolastico e maggiore benessere psicologico per gli studenti e le studentesse; - stop ad accorpamenti e chiusure di interi plessi: prevediamo un dirigente scolastico ogni 400 studenti e uno ogni 200 studenti nelle piccole isole e nei comuni montani; - più personale ATA per garantire sorveglianza e assistenza in ogni area degli edifici scolastici

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Quesito

PROPOSTA DI LEGGE D’INIZIATIVA POPOLARE

Modifiche all’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e altre disposizioni concernenti la formazione delle classi nelle scuole di ogni ordine e grado e rideterminazione del numero di alunni dell’istituzione scolastica necessario per l’assegnazione di un dirigente scolastico con incarico a tempo indeterminato. Per la prima volta da cinque anni a questa parte il numero dei docenti della scuola italiana previsti negli organici comuni e di potenziamento per l’anno scolastico 2025/2026 si è ridotto di 5.660 unità e da settembre 2026 anche il numero di posti di personale ATA sarà ridotto di 2.147 unità. A causa della crisi demografica, infatti, ogni anno la scuola italiana perde circa 100.000 studenti e, di conseguenza, si riduce anche il numero delle cattedre da assegnare. Al contrario ciò che non viene mai ridotto è il numero, eccessivo, di alunni per classe: con questa proposta di legge d’iniziativa popolare diamo seguito alla necessità di ridurre il numero di alunni per classe e conseguentemente diminuire il rapporto docenti/studenti. Proponiamo quindi che le classi siano formate con un numero di studenti non inferiore a 14 e non superiore a 20, riducendo questa soglia a 18 nel caso della presenza di uno studente con disabilità e a 15 nel caso in cui gli studenti con disabilità siano più di uno, al fine di migliorare la qualità della didattica, migliorare gli apprendimenti e favorire la crescita sociale e culturale delle giovani generazioni. Il sovraffollamento delle classi italiane è uno degli effetti dei provvedimenti di legge del Governo Berlusconi del 2008 (decreto legge 112/2008 convertito in legge 133/2008) di cui ancora oggi la scuola soffre le conseguenze. Dimenticato il dettato costituzionale che prevede che lo Stato debba rimuovere ogni ostacolo al fine di rendere effettivo, tra gli altri, il diritto universale ad avere un’istruzione di qualità, nel 2008 venne avviata una martellante campagna di denigrazione del lavoro pubblico degli insegnanti, parlando di sprechi e annunciando quella che sarebbe dovuta essere, secondo il Governo di allora, soltanto una razionalizzazione della spesa. In realtà le cose andarono molto diversamente: l’obiettivo di tagliare le risorse economiche dedicate all’istruzione fu infatti raggiunto tralasciando gli effetti sulla qualità della didattica e sul benessere degli studenti. La spesa per l’istruzione fu ridotta di quasi 3 miliardi operando scelte, elencate di seguito, che hanno danneggiato pesantemente la scuola pubblica: il taglio di oltre 130.000 unità di personale tra docenti e personale ATA; l’eliminazione dei moduli nella scuola primaria e di tutte le ore di compresenza che avevano connotato una delle poche riforme di qualità fatte negli ultimi decenni nella scuola italiana; la riduzione del tempo scuola (con il solo modello a 27 ore settimanali garantito a tutti e con la possibilità ulteriore di riduzione addirittura a 24 ore settimanali) e l’eliminazione dei rientri pomeridiani; il ripristino, con effetti devastanti sia dal punto di vista educativo che culturale, del cosiddetto maestro prevalente; l’invenzione con il DPR 89/2009 della Ministra Gelmini, che intendeva ridurre a 24 ore l’orario settimanale, del maestro ‘unico’; l’impossibilità di estendere il tempo pieno nella scuola primaria e di istituire sezioni di scuola dell’infanzia a tempo normale, a causa dei tetti agli organici, impedendo di fatto il recupero del gap già esistente in molte regioni tra tempo scuola realmente fruito dagli alunni e tempo potenzialmente fruibile; l’eliminazione nei fatti del tempo prolungato nella scuola secondaria di primo grado; l’obbligo a costituire cattedre tutte a minimo 18 ore indipendentemente dalle ricadute sulla didattica delle diverse discipline, sugli ordinamenti e su quei pochi elementi minimi di flessibilità possibili nell’organizzazione delle attività didattiche; l’accorpamento di classi (anche terminali), la loro trasformazione in articolate o la ricollocazione degli studenti in sezioni parallele, con gravi disagi sul percorso di studio e senza alcun riguardo per la continuità didattica; la drastica riduzione, quando non la diretta eliminazione, delle ore di laboratorio e di esercitazioni pratiche negli istituti tecnici; l’abbassamento dei livelli di sorveglianza, sicurezza e supporto alla disabilità a seguito dei tagli al personale ATA, che hanno determinato oggi la totale assenza di collaboratori scolastici in intere sezioni degli edifici scolastici. Infine, ulteriore scelta gravissima, si è tornati ad ammettere nella stessa classe la presenza di più ragazzi o ragazze con disabilità: non è raro oggi infatti riscontrare la presenza di 3 o più alunni, anche con disabilità gravi, in una sola classe, dato il ridotto numero di classi autorizzate per anno di corso in ciascun istituto. Tutto ciò rende il contesto formativo incompatibile con le finalità dell’inclusione e lo sviluppo di una didattica individualizzata attenta ai diversi bisogni di ogni studente e ogni studentessa. L’art. 5 del DPR 20 marzo 2009 n. 81 prevede al comma 2 che “le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell’infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni, purché sia esplicitata e motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili”. La realtà, però, purtroppo, supera la normativa. Ecco alcuni esempi concreti: nel liceo artistico Preziotti-Licini, sede di Porto San Giorgio, una classe prima ha 23 alunni di cui 6 con disabilità; al Liceo artistico Misticoni Bellisario di Pescara una classe seconda ha ben 31 alunni di cui due con disabilità; una classe seconda dell’Istituto Alberghiero Amerigo Vespucci di Roma ha 22 alunni di cui 5 disabili certificati e uno non certificato. E da quest’anno scolastico le prime avranno quasi tutte circa 7 alunni con disabilità. Realtà come queste compromettono l’efficacia di un buon insegnamento e, di conseguenza, il diritto all’istruzione, con particolare riferimento agli studenti fragili. Sulla base della norma sopra citata spesso capita che le scuole comunichino ai genitori di non poter accogliere la richiesta di iscrizione a causa dell’elevato numero di alunni con disabilità già iscritti (oltre 10), ai sensi del DPR 81/2009 e del proprio regolamento interno. La domanda di iscrizione viene, pertanto, smistata presso un altro istituto, di solito quello indicato come seconda scelta. Il Tribunale di Termini Imerese, con la sentenza n. 1120/2024, ha accolto il ricorso della famiglia di una studentessa con disabilità, obbligando un liceo palermitano ad accogliere la richiesta di iscrizione, dopo che l’istituto l’aveva inizialmente rifiutata. In particolare, il giudice ha sottolineato che il DPR 81/2009, pur prevedendo la formazione di classi con un massimo di 20 alunni se vi sono studenti con disabilità, non giustifica l’esclusione di un alunno con disabilità solo perché si è superata una soglia arbitraria di 10 studenti con disabilità per istituto. Questa interpretazione è stata considerata contraria ai principi di uguaglianza e inclusione scolastica. Il breve excursus sulle scelte e le conseguenze dei tagli degli anni passati rende manifesta la necessità di invertire la rotta per tornare a progettare a tutto campo una scuola capace di prendersi cura di ogni alunno e alunna, assicurando un ambiente formativo imperniato sulla qualità del lavoro dei docenti e sul benessere degli studenti. Noi non pensiamo che questa proposta di legge rappresenti “la soluzione” ai tanti problemi della scuola italiana; riteniamo, però, che possa essere una leva concreta e chiara - anche per le famiglie e per chi si occupa di altro nella vita – per invertire in modo netto la tendenza ai tagli (perché per la scuola, in Italia, si spende troppo poco e non troppo); per assumere più insegnanti e consentire loro di lavorare meglio, in classi più piccole, proprio con i ragazzi più fragili e con la fragilità diffusa tra bambini e adolescenti; per impedire che, invece di contrastare la denatalità (figlia, tra l’altro della precarizzazione della vita delle giovani generazioni), in modo cinico la si usi per colpire ulteriormente la scuola pubblica. Siamo convinti che la riduzione del numero di studenti per classe, accompagnata da misure che correggano il cosiddetto ‘dimensionamento’ degli istituti scolastici autonomi, possa non solo, come è ovvio, accrescere gli esiti di apprendimento degli studenti italiani (ancora insufficienti, secondo le rilevazioni invalsi, per oltre il 40% degli studenti in matematica ed italiano, con gravi difformità tra Centro-Nord e Mezzogiorno), ma anche contribuire ad affrontare altri grandi problemi della scuola italiana, tra cui la necessità di assicurare il benessere psicologico delle giovani generazioni, quella di potenziare le azioni di contrasto della povertà educativa e della dispersione scolastica, e infine anche quella di rafforzare i servizi educativi e di istruzione nel sud del paese e nelle aree interne soggette a spopolamento. Questa nostra proposta, inoltre, non è soltanto utile a risolvere parte dei problemi che si sono cristallizzati negli anni, ma è anche sostenibile dal punto di vista degli investimenti pubblici necessari a realizzarla. L’Italia infatti spende circa il 4,1% del PIL in istruzione, una cifra inferiore alla media europea del 4,7%. Nel 2022, il nostro paese si è posizionato al 23° posto tra i 27 Stati membri dell'UE per investimenti in istruzione, superando solo Bulgaria, Grecia, Romania e Irlanda. Se le politiche per l’istruzione non fossero sottomesse all’esigenza di non apportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il momento attuale, in cui si registra una diminuzione del numero complessivo di iscrizioni, sarebbe un’ottima occasione per diminuire finalmente il numero di alunni per classe. A legislazione vigente, infatti, per il calcolo del fabbisogno di docenti vengono considerati gli effetti dell’indice di denatalità sul numero di iscrizioni degli studenti, nonché le modifiche sui quadri orari per anno di corso e il monte ore totale. Riguardo al numero di classi si tiene conto del valore effettivo di decremento del numero degli iscritti e del rispetto dei parametri del DPR 81/2009. Il prossimo anno, il 2025/26, si aprirà con oltre 120.000 studenti in meno tra i banchi. Si passerà dai 6,9 milioni di alunni dello scorso anno scolastico (dall’infanzia alla secondaria di secondo grado) a poco meno di 6,8 milioni a settembre 2025. Nel giro di 8/9 anni, se questi trend non saranno modificati, la popolazione scolastica scenderà sotto la soglia “psicologica” di 6 milioni di unità. Lasciando inalterato il numero minimo per formare le prime classi (27 nelle scuole secondarie di secondo grado), questo quadro a breve comporterà anche la scomparsa di non pochi posti di lavoro: sinora, infatti, l’organico di potenziamento è stato utilizzato per recuperare l'offerta formativa in precedenza tagliata ma dal prossimo anno scolastico, con la Legge di Bilancio approvata a fine 2024, è stato deciso appunto che si taglieranno ben 5.660 posti di docente e 2.174 di personale ATA negli organici. Inoltre, il DL 45/2025 concernente “Ulteriori disposizioni urgenti in materia di attuazione delle misure del PNRR e per l’avvio dell’A.S. 2025/2026”, convertito, con modificazioni dalla L. 5 giugno 2025, n. 79, dispone che, a decorrere dal medesimo anno scolastico, il numero complessivo delle classi della scuola secondaria di secondo grado non possa essere superiore a quello delle classi presenti nell’anno scolastico 2023/2024. Nel contempo, però, le proiezioni sul numero di alunni degli anni prossimi non tengono conto né dei flussi migratori né, soprattutto, dell’impegno che lo Stato ha messo in campo già da anni, e segnatamente in quelli più recenti, con ingenti investimenti finanziari del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per aumentare il numero di studenti che raggiungono il diploma di scuola secondaria di secondo grado, attualmente decisamente basso rispetto alla media europea. Porre un tetto che non superi le dotazioni esistenti significherebbe impedire il raggiungimento degli obiettivi per i quali si stanno investendo enormi risorse, e dal cui raggiungimento dipende in buona parte lo sviluppo reale della nazione. Occorre mettere fine al paradosso per il quale si chiede agli insegnanti di attuare una didattica individualizzata, e contemporaneamente si impedisce loro di farlo, imponendo di lavorare in classi sovraffollate in cui sono presenti fino a 30/35 studenti. La questione delle “classi pollaio”, termine ormai entrato nel vocabolario comune, rappresenta una criticità del sistema scolastico italiano non più tollerabile. Per tutte queste ragioni è necessario un intervento immediato e risolutivo per garantire agli studenti un ambiente di apprendimento dignitoso, nel rispetto delle leggi (comprese quelle su salute e sicurezza) e del diritto fondamentale all’istruzione. La presente proposta di legge interviene innanzitutto sull’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008. Quest’ultimo, al comma 1, dispone il ridimensionamento delle dotazioni organiche dei docenti attraverso l'incremento graduale, fino al raggiungimento di un punto, del rapporto alunni/docente. Per la realizzazione, tra l'altro, di tale finalità, i commi 3 e 4 dello stesso articolo hanno previsto la predisposizione di un piano programmatico di interventi e misure e la conseguente adozione, a fini attuativi, di regolamenti recanti la revisione dei criteri vigenti in materia di formazione delle classi, nonché di quelli relativi alla determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale docente ed ATA. In base al comma 6 dello stesso art. 64, quanto disposto dal comma 1 concorre, a decorrere dal 2009, alla realizzazione di economie di spesa per il bilancio dello Stato. L’effetto di quelle norme è stata la riduzione dell’organico A.T.A. dalle 252.781 unità dell’a.s. 2008/2009 alle 196.495 unità dell’a.s. 2024/2025, con una riduzione che non è proporzionale alla riduzione del numero di studenti, che nell’a.s. 2008/2009 era di 7,7 milioni, né, tantomeno, all’incremento degli ambienti laboratoriali e alla trasformazione delle metodologie, che impongono piuttosto un incremento di personale tecnico e di collaboratori scolastici. L’art. 1 della pdl modifica l’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008. Interviene, al comma 1, lettera a), riducendo gradualmente di un punto il rapporto alunni/docente, nonché aumentando la dotazione organica del personale docente e ATA. La lettera b) del comma 1 abroga i commi 6, 8 e 9 del medesimo articolo 64. L’articolo 2 dispone che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il Governo provveda ad apportare modifiche al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, al fine di definire nuovi criteri per la formazione delle classi nelle scuole di ogni ordine e grado in base ai seguenti principi:

  • prevedere che la dotazione organica complessiva definita annualmente si basi sulla distribuzione degli alunni nelle classi e nei plessi diminuendo il rapporto medio di alunni per classe. Tale principio intende superare quanto previsto dall’articolo 2, comma 2, lettera e) del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009;

  • prevedere che le classi iniziali delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le sezioni della scuola dell’infanzia, siano costituite da un numero minimo di alunni non inferiore a 14 e da un numero massimo non superiore a 20, elevabile a 21 qualora rimangano resti. Si uniforma, così, il numero massimo di alunni per classe fra i vari ordini e gradi della scuola;

  • prevedere che, nel caso di presenza di alunni con disabilità, le medesime classi non possano essere costituite con più di 18 alunni e, nel caso di più alunni con disabilità o con un alunno con disabilità grave, il limite sia abbassato a 15 alunni;

  • prevedere che le classi iniziali degli istituti e delle scuole di istruzione secondaria di secondo grado siano costituite con un numero di alunni non inferiore a 14, allo scopo di modificare quanto ora disposto dall’articolo 16, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, ai sensi del quale il numero di alunni non deve essere inferiore a 25;

  • consentire la costituzione di classi iniziali delle scuole di istruzione secondaria di secondo grado articolate in gruppi di diversi indirizzi di studio, purché le classi stesse siano formate da un numero di alunni complessivamente non inferiore a 14. La disposizione intende modificare quanto previsto dall’articolo 16, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, ai sensi del quale il numero di alunni non deve essere inferiore a 27.

L’articolo 3, intervenendo sull’articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dispone la riduzione da 900 a 400 del numero minimo di alunni iscritti in un istituto scolastico autonomo per l’assegnazione di dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato e di direttori dei servizi generali e amministrativi, prevedendo un’ulteriore riduzione a 200 alunni per le istituzioni situate nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche. L’articolo 4 provvede alla copertura finanziaria degli oneri complessivi prevedendo il reperimento delle relative risorse attingendo per quota parte dal Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto- legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, e dal Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 e dalle risorse che si liberano dall’esclusione delle scuole paritarie dal sistema di contribuzione di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62, esclusione che non si estende alle scuole dell’infanzia paritarie e alle scuole paritarie di ogni ordine e grado che accolgono studenti con disabilità. Proposta di legge

Art. 1

(Modifiche all’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133)

  1. All’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni: a) i commi 1, 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:

  2. A decorrere dall’anno scolastico 2026/2027, ai fini di una migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una piena valorizzazione professionale del personale docente, sono adottati interventi e misure volti a ridurre gradualmente di un punto il rapporto alunni/docente, da realizzare comunque entro l’anno scolastico 2028/2029, tenendo anche conto delle necessità relative agli alunni con disabilità.

  3. Si procede, altresì, alla revisione dei criteri e dei parametri previsti per la definizione delle dotazioni organiche del personale docente, su posto comune e di sostegno, in modo da conseguire, nel triennio 2026-2028, una maggiore consistenza numerica coerente con le previsioni di cui al comma 1.

  4. Si procede alla revisione dei criteri e dei parametri previsti per la definizione delle dotazioni organiche del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), in modo da conseguire, nel triennio 2026-2028, un incremento complessivo del 10% della consistenza numerica della dotazione organica determinata per l'anno scolastico 2024/2025.

  5. Il Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, adegua i regolamenti e le altre disposizioni vigenti in materia alle finalità indicate nei commi precedenti. b) i commi 6, 8 e 9 sono soppressi.

Art. 2

(Disposizioni concernenti la formazione delle classi nelle scuole di ogni ordine e grado)

  1. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Governo provvede ad apportare modifiche al regolamento di cui al Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, al fine di prevedere nuovi criteri per la formazione delle classi nelle scuole di ogni ordine e grado, nel rispetto dei seguenti principi: a) prevedere che la dotazione organica complessiva definita annualmente, sia a livello nazionale che per ambiti regionali, si basi sulla distribuzione degli alunni nelle classi e nei plessi diminuendo il rapporto medio, a livello nazionale, di alunni per classe di 0,40, da realizzare nel triennio 2026-2028;

b) prevedere che le classi iniziali di ciclo delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado nonché le sezioni della scuola dell’infanzia, siano costituite da un numero di alunni non inferiore a 14 e non superiore a 20, elevabile a 21 qualora residuino resti;

c) prevedere che le classi iniziali di ciclo delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado nonché le sezioni della scuola dell’infanzia, siano costituite da un numero di alunni non superiore a 18 nel caso accolgano un alunno con disabilità, ovvero non più di 15 alunni nel caso accolgano più di un alunno con disabilità o un alunno con certificazione di disabilità grave, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

d) prevedere che le classi iniziali degli istituti e delle scuole di istruzione secondaria di secondo grado, comprese quelle delle sezioni associate e delle sezioni di diverso indirizzo o specializzazione funzionanti con un solo corso, siano costituite con un numero di alunni di norma non inferiore a 14; e) consentire la costituzione di classi iniziali di ciclo degli istituti e delle scuole di istruzione secondaria di secondo grado articolate in gruppi di diversi indirizzi di studio, purché il numero minimo di iscritti a ciascun indirizzo sia non inferiore a 7. Art. 3

(Modifiche all’articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, in materia di rideterminazione del numero di alunni dell’istituzione scolastica necessario per l’assegnazione di un dirigente scolastico con incarico a tempo indeterminato)

  1. All’articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 5-quater, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: « ,fermo restando che il numero minimo di alunni necessario per l’assegnazione dei dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato e dei direttori dei servizi generali e amministrativi alle istituzioni scolastiche autonome è pari a 400 unità ovvero fino a 200 unità per le istituzioni scolastiche situate nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche»;

b) al comma 5-quinquies:

  1. al primo periodo, le parole: « , non inferiore a 900 e non superiore a 1000, » sono soppresse e le parole: « e comunque entro i limiti del contingente complessivo a livello nazionale individuato ai sensi del secondo periodo » sono soppresse;
  2. il secondo periodo è soppresso;

c) al comma 5-sexies, il primo e il secondo periodo sono soppressi.

Art.4

(Disposizioni finanziarie)

  1. Agli oneri complessivi derivanti dall’attuazione della presente legge, pari a 249.000.000 euro per l’anno 2026, 857.000.000 euro per l’anno 2027, 967.000.000 euro per l’anno 2028, 297.300.000 euro per l’anno 2029, 192.000.000 euro a decorrere dall’anno 2030, si provvede, fino al fabbisogno, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto- legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 e le maggiori risorse derivanti da quanto stabilito dai successivi commi 2 e 3.
  2. All’articolo 1, comma 9, primo periodo, della legge 10 marzo 2000, n. 62 le parole “e paritarie” sono soppresse.
  3. Sono abrogate le seguenti disposizioni:

a) articolo 1, commi 635 e 636 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”;

b) il decreto del Presidente della Repubblica 9 gennaio 2008, n. 23, riguardante “Regolamento recante norme in materia di convenzioni con le scuole primarie paritarie ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 6, del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27”;

c) il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 ottobre 2008, n. 84, che definisce le linee guida di attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 9 gennaio 2008, n. 23.